Tossicodipendenza ed Epatite C, campagne di screening e sensibilizzazione
L'analisi del Simit: “Circa l'80% delle nuove infezioni avviene attraverso lo scambio di siringa o di oggetti contaminati tra soggetti tossicodipendenti”
ROMA - Si chiamano "Key Populations" e sono le comunità di persone particolarmente e rischio infezione di malattie come Epatite C, Hiv e non solo. Patologie più difficili da combattere se legate a particolari condizioni di vita e salute: tossicodipendenza, migrazioni, detenzione e, più in generale, una situazione di svantaggio sociale ed economico. È proprio dal tema delle "Key Populations" che si è svolto nei giorni scorsi a Padova il confronto "No one is left behind", promosso con il contributo non condizionato di Gilead Sciences all'interno del Festival della Salute globale. Un momento per riflettere sul tema della salute globale allargando lo sguardo sia in senso geografico (analizzando l'interdipendenza esistente tra fenomeni locali e globali), sia in senso disciplinare (avvalendosi del contributo non solo delle scienze mediche ma anche di quelle sociali, umane, dell'economia del diritto).
Tossicodipendenza ed epatite C. Tra i temi toccati anche quello relativo ai trattamenti anti Epatite C, che passano anche per campagne di screening per individuare con sempre più capillarità i pazienti tossicodipendenti da trattare. “Oggi abbiamo a disposizione farmaci per combattere l'Epatite C che sono così efficaci da assicurare nella quali totalità dei casi l'eradicazione dell'infezione. In questo scenario bisogna allora porsi la domanda: quali siano le categorie di persone nelle quali l'infezione si trova a circolare maggiormente e che quindi fanno da serbatoio dell'infezione”, spiega il prof. Massimo Andreoni Direttore Scientifico della Simit, con particolare riferimento ai soggetti tossicodipendenti per via endovenosa. “Oggi, infatti, circa l'80% delle nuove infezioni avviene attraverso lo scambio di siringa o di oggetti contaminati tra soggetti tossicodipendenti- continua il prof Andreoni- In quest'ottica è quindi chiaro che un progetto di eliminazione dell'infezione all'interno di un determinato contesto sociale debba prevedere il trattamento di questa categoria di persone”. A incoraggiare una sempre più necessarie e urgente strategia di terapia in questa direzione, il dato dimostrato che le terapie finora somministrate in persone tossicodipendenti attivi sia perfettamente efficace al pari di tutti gli altri pazienti. “La tossicodipendenza quindi non è un fattore che modifica l'efficacia del trattamento - conclude il prof. Andreoni - E una volta stabilito l'urgenza di trattare queste persone, dobbiamo attuare strategie finalizzate per far emergere il sommerso in queste popolazioni, ossia avviare campagne di screening per individuare con sempre più capillarità i pazienti da trattare. Basti considerare che in Italia circa 50% dei tossicodipendenti per via endovenosa è affatto dal virus dell'Epatite C: molti di questi soggetti non sanno nemmeno di essere malati”.